Un anno fa piccolo fiore d’acacia nascevi tu.

Ricordo bene la luce del sole che si affacciava all’orizzonte, uscendo di casa per raggiungere i tuoi genitori all’ospedale…Quella prima luce rosata ha illuminato il primo fiore d’acacia fiorito nel mio giardino. Quel fiore per me sarai per sempre tu piccola.

Come sai, la tua mamma è una donna piccina, dai modi gentili. Chissà per quale cavolo di motivo siamo abituati all’ idea che chi è gentile non sia altrettanto forte e deciso. La tua nascita racconta questa forza.

Spero che per quando leggerai questo racconto le procedure ospedaliere siano cambiate, sta di fatto che quella mattina di un anno fa protocollo vuole che tu e la tua mamma siate attaccate al monitoraggio per almeno 20 minuti ma ferme. Lei freme, il suo corpo le urla che non deve stare ferma e lei è in una connessione profondissima, lo ascolta, cerca di accontentarlo modificando almeno l’appoggio ma è dura, si sente privata della libertà di muoversi, come una tigre in gabbia. Ruggisce sommessamente. Le parlo, chiedo ad entrambi i tuoi genitori di non perdere la calma ma confermo che si, avete ragione. Vi giuro che dopo questi 20 minuti sarà libera. Come tutto nel nostro magnifico paese è all’inizio oscurato da procedure e burocrazia.

E arriva il momento in cui liberano quella piccola tigre, andiamo in sala parto, non c’è nessun altro, siamo soli e lei sente finalmente di essere al sicuro e allora può chiudere gli occhi e scendere nei suoi abissi.

Non ho mai visto nessun’altra donna ascoltarsi con così profonda connessione.

L’ascolto è così profondo che non ha dubbi su ciò che le serve e si muove di conseguenza. Gli occhi li apre pochissime volte, per chiedere l’acqua o di potersi sdraiare o di riempire la vasca.

Non si è mai lamentata, neanche una volta. Tuo padre è in estasi nel vedere la sua bellezza e la sua competenza di madre in quel momento. Ci scambiamo sguardi carichi di meraviglia che non osiamo pronunciare per non disturbare la sacralità di questo processo. In fin dei conti una tigre è pur sempre una tigre, anche se ha gli occhi chiusi i suoi sensi sentono e vedono tutto e noi questo lo sentiamo. Allora tuo padre mette la musica che hanno scelto insieme, e ogni tanto mi guarda con occhi lucidi di emozione. Tutto sta andando benissimo dicono i miei.

Il nostro ruolo è mantenere un ambiente sicuro, sereno e solitario per la piccola tigre. E così facciamo. Lei sa, lei cavalca le sue onde senza paura, mai un’esitazione, mai un “non ce la faccio”, mai un momento di sconforto. Non possiamo far altro che ascoltare il nostro cuore espandersi e ringraziare immensamente di assistere a tanta bellezza.

“Ho bisogno dell’acqua” mi dice la piccola tigre. Il momento si avvicina, ce n’eravamo accorti perché il suo respiro era cambiato. Io e l’ostetrica ci siamo scambiate uno sguardo e un cenno con il capo ma anche lei non parla, rispettosa e partecipe.

L’acqua è troppo calda e tu piccola tigre ruggisci ma ormai il tuo piccolo fiore non può più aspettare…c’è una forza che la muove e la spinge ad aprirsi alla vita, venire alla luce e sbocciare, per permettere a tutti noi di godere del suo profumo…

Immergo lo specchio nell’acqua così che la piccola tigre possa vederti mentre esci dalla suo corpo.

Tuo padre mette i guanti e allunga le braccia tremanti per prenderti. Quelle braccia mi sono rimaste impresse, come se si fossero allungate del doppio della loro lunghezza, simbolo dell’attesa di tutti i padri innamorati che non vedono l’ora di avere la loro parte in questa storia, salvo poi scoprire che non è proprio così automatico e facile all’inizio… Lui, tremante, emozionato, innamorato e fragile accanto alla sua amata piccola tigre che tiene in braccio il suo piccolo fiore d’acacia e si inebria del suo profumo e dei suoi immensi occhioni scuri.

Eccovi, è l’inizio di una nuova vita, che ribalterà credenze e convinzioni, riempirà i giorni di panorami sconfinati in fondo a grandi salite ma che mai metterà in dubbio la forza della piccola tigre e l’amore e l’emozione di un uomo che si scopre papà.

Grazie di queste lacrime che mi escono da sole mentre scrivo, di quelle di un anno fa e di esserci come dono grande nella mia vita.

Vi amo immensamente,

Doula Maki.