La placenta, simbolo di scambio e nutrimento, ma anche ponte tra mamma e bambino e tra i due mondi. Questo organo, da tempo considerato un rifiuto, sta vivendo l’inizio della sua riscoperta, suscita curiosità e allo stesso tempo timore quasi reverenziale.

Il nutrire è la sua competenza materna per eccellenza ma le sue funzioni sono tantissime. Ma non è di questo che voglio raccontare.

La placenta per me è la voce della nascita, colei che aiuta a raccontare il parto, a riprendere i fili di ciò che si è vissuto ed essendo l’albero della vita con profonde radici racconta la storia della famiglia, come fosse un albero genealogico vivente, un quadro che ancora pulsa tra le nostre mani e ci ricorda del nostro legame filogenetico con la natura e il mondo vegetale. Lei che esiste prima ancora del mare uterino e viene espulsa con il sangue delle nove lune.

Lavorare con la placenta è un modo per sanare un parto andato male e tornare nella fiducia, credere nella forza della vita e nella forza della madre che ne è stata tramite. “Leggere” il messaggio scritto tra gli intricati rami dei sui vasi sanguigni assieme alla mamma e al papà facilita il racconto del parto, la ricostruzione del momento in cui il bambino è venuto alla luce e la sua storia su questa terra è iniziata. Restituisce magia e sacralità a questo evento, spesso le madri traggono forza dal vedere la bellezza del suo disegno. L’arte con la placenta le aiuta a riportare bellezza, è un atto creativo come quello di dare alla luce ed è come se rivivessero il momento con le loro mani, lo trasformano e la loro creazione trasforma loro.

Le virtù della placenta sono già tutte in suo possesso, quindi l’arte di lavorarla per creare rimedi è un sapere sacro da compiere con umiltà e consapevolezza, in totale servizio della famiglia, in particolare della mamma e bambino. Fino alla fine del XIX secolo in casa erano spesso presenti la polvere e l’essenza di placenta. Nella mia stessa famiglia la levatrice che fece nascere mia madre in casa e morì il giorno della nascita di mia figlia, prendeva un pezzetto di placenta e la faceva macerare nell’alcool.

Poiché la placenta è l’organo di adattamento, la sua funziona continua ad essere questa anche dopo la sua nascita: aiuta ad adattarsi ad una vita completamente diversa da quella vissuta fin’ora, quindi lasciamoli almeno qualche minuto ancora assieme, non c’è fretta di tagliare. Un ritardo di anche solo 3 minuti porta al bambino grandi benefici, se si attende poi fino alla nascita della placenta si garantisce al bambino di ricevere quasi tutto il suo sangue (che circola anche nella placenta) e  quindi quasi tutto il potenziale delle risorse placentari.

Mamma e bambino sono connessi e dell’aiuto dato dalla placenta possono trarne benessere entrambi. Del resto, se la mamma sta bene, è felice e si riprende fisicamente, il bebè non può che gioirne! I rimedi placentari sono tanti e si possono adattare all’esigenze della mamma. Il beneficio più grande che la madre riceve è il riequilibrio ormonale che evita lo scompenso post parto, spesso causa di baby blues o depressioni.

La placenta è la radice della nostra nascita ed involontariamente tutti noi ci riconnettiamo a lei almeno un giorno all’anno, quello del nostro compleanno. L’etimologia della parola infatti è dal lat. class. placenta «focaccia», e questo dal gr. πλακοῦς -οῦντος, propr. agg. sostantivato «che ha forma schiacciata», insomma una torta, dove il cordone è rappresentato dalla candela. Soffiandoci sopra ogni anno ricordiamo il momento del distacco da nostra sorella placenta, l’organo che ha avuto origine dal nostro stesso ovulo e spermatozoo. È fatta del nostro stesso materiale genetico, in pratica siamo stati creati insieme a ciò che ci nutre. Solo questo pensiero dovrebbe farci sentire meglio perché è come se la vita ci dicesse: “tranquill*, hai tutto ciò di cui hai bisogno per questa vita terrena. È un patto tra l’universo e noi, e la placenta è quella radice profonda che unisce il nostro essere Terra e Cielo contemporaneamente.

Vale la pena averne cura, ci racconterà la nostra storia.

Doula Maki