Sognavo il tuo arrivo da mesi, sarebbe stato tutto perfetto! Avrei preparato apposta un luogo magico per vivere quel momento sacro, l’incontro con te e la tua venuta al mondo. Avrei costruito la capanna come da tradizione indiano-americana. Avrei chiamato pochi intimi, l’ostetrica, due/tre amiche, tuo padre e la natura da testimone. Avrei preparato un bel fuoco, messo a scaldarvi delle pietre e poi avrei sparso sopra mistura di erbe preparate per l’occasione. Ci sarebbero state candele un po’ ovunque per creare quell’atmosfera intima adatta a partorire, persone a me vicine che avrebbero cantato nenie e suonato strumenti per accompagnarmi nel mio viaggio alla scoperta di me, della mia natura selvaggia fino ad arrivare a te.

Avrei appeso, dentro la capanna, un pezzo di tessuto nel caso mi fosse servito nei momenti duri, avrei potuto aggrapparmici per superare le onde di dolore…La capanna sarebbe stata vicino ad un albero, mio vecchio caro compagno di viaggio, mi ci sarei stesa sotto le sue fronde nei momenti di riposo, lo avrei potuto abbracciare tra una contrazione e l’altra! Tuo padre mi sarebbe stato vicino, supportata e sostenuta nei momenti difficili, partecipato e condiviso quelli felici. Avrei potuto camminare e muovermi liberamente tra dentro la capanna, fuori e dentro casa, dove mi avrebbe aspettato una piscinetta con acqua tiepida, piena di petali di fiori, candele, luci soffuse, musica di sottofondo. Al momento giusto ti avrei accolta fra le mie mani, ti avrei preso mentre uscivi da me e con un caldo abbraccio ti avrei stretto al mio petto tranquillizzandoti che eri al sicuro, eri atterrata nel mondo. Piccola, avrei cercato i tuoi occhi e non li avrei lasciati a breve, avremmo iniziato insieme la nostra danza.

Ci saremmo immerse in un bagno caldo, dai profumi lenitivi per il corpo e per lo spirito di entrambe. Come due pellegrine dopo un lungo viaggio, avremmo riposato insieme respirando una l’odore dell’altra fino ad addormentarci.
Ed ecco invece che il sogno finisce presto, sei podalica, cesareo programmato.

Per mesi faccio di tutto, posizioni testa in giù, gambe in su, carponi, gattoni, micioni! Provo la moxa bustione, nella stanza dell’ospedale con finestre chiuse intossicate io e l’ostetrica perché dovevano ancora installare l’aspiratore. 3 sedute così, 1 ora di macchina da sola, affumicatura e via! Ovviamente non funziona, te ne stavi lì bella tranquilla e non volevi saperne di girarti, forse volevi nascere con i piedi e lo sguardo rivolto al cielo ad ammirare le stelle! In fondo ti chiami Ishtar! L’ultimo tentativo, molto pensato, manovra esterna. Ero molto combattuta, volevo darti fiducia e non interferire ma avevo il dubbio “e se poi bastava un aiutino?” Come sempre hai deciso tu, ed hai sciolto il dubbio amletico: niente da fare, signora, la piccola ha due giri morbidi di cordone ombelicale al collo. Va bene per lei la settimana del 3 dicembre per fare il taglio cesareo? Decida il giorno, no sabato e domenica perché il personale è ridotto. Inorridita mi oppongo e chiedo di aspettare che il travaglio parta da solo, mi faccio dire il tempo limite che ho: 12 dicembre, dopodichè scade tutto, neanche fosse yogurt. Torno a casa contenta e fiduciosa in te, saresti nata quando avresti voluto, senza “aiutini”, senza interferenze e pressioni. Così una sera di novembre, precisamente alle 23.30 di sabato 26 novembre mi si ruppero le acque, ero sola,stesa di fianco nel letto a leggere un libro. Capisco subito che ci siamo, dopo quella notte sarei tornata a casa con te! Sono eccitata, emozionata, incredula. Sapevo che non ti eri girata anche se la speranza non mi mancava, sapevo che sarei andata incontro al famigerato taglio. Mi faccio una doccia bollente, mi rilasso ed inizio il viaggio del travaglio, i dolori aumentano e si fanno sempre più regolari. Dopo una mezz’oretta

arriva tuo padre, che cammina su e giù per la scala di casa con l’ansia come compagna. Mi incita a muovermi ma io sono tranquilla, anzi lo tranquillizzo, so che avrò il tempo necessario. Ci mettiamo in macchina, un’ora di viaggio ci aspetta. Tra una contrazione e l’altra mi godo questo momento, non ci potevo credere…sto per partorire. Ero felicissima di fare esperienza dei dolori del parto. Arrivo in ospedale con il pannolone tra le gambe (il sacco amniotico si era rotto bene!), mi mettono subito al monitoraggio. Vicino al mio letto, intanto, c’era una donna che urlava e balbettava che non ce la faceva più. L’ecografia confermava la mia tesi, eri sempre lì beata! Io intanto mi ero dilata di 4 cm quindi mi dicono “signora la portiamo subito in sala operatoria, altrimenti la fa qui!”. Dentro di me dicevo: siii, fatemela fare a me!

Mi misero dentro una stanza, con il monitoraggio attaccato alla pancia e spesso c’era qualcuno che chiedeva qualcosa del tipo: …signora compili la deliberatoria, adesso le facciamo questo, si alzi se no non riesco a mettere quest’altro ecc…. Io ero in un altro pianeta, a tratti sentivo quello che dicevano non capivo cosa volevano da me, dovevano lasciarmi in pace!! Io avevo da fare! Volevano mettermi qualcosa sempre nel momento che avevo la contrazione,… tempismo perfetto!

La contrazione prima dell’epidurale credo non me la scorderò più, iniziavo a scendere la scalinata dell’inferno. Lì, credo, sia stato l’unico momento dove ho pensato: meno male che mi sedano! Sono le 3.23 quando sento il tuo primo vagito, eccoti ti hanno tirata fuori! Ho sentito tutto, mani che scavavano dentro il mio ventre, mani che ti prendevano e ti tiravano fuori. Io eri lì ma non completamente, non come avrei voluto, mi sentivo ovattata, rincoglionita dall’anestesia. Poi ti appoggiarono sul mio petto, e ci guardammo: tu con quegl’occhi scuri, i miei probabilmente allucinati! Sento un tuffo al cuore, non ci credo, sei qui con me. Non sarò mai più sola nella vita!

Ricompongono i pezzi e nel frattempo ti portano nelle braccia di tuo padre. La brava ostetrica mantiene la promessa, avevo il desiderio di portare a casa la placenta,la tua fedele compagna di vita di questi 9 mesi acquatici.
Mi sono ritrovata nella camera di ospedale che era già mattina, non ricordo cosa è successo per qualche ora, ma adesso sono qui, nel giardino dell’eden con te in braccio che mi guardi e succhi teneramente il lattino dal mio seno. Adesso sono in paradiso, sono in pace, serena. Sono in estasi, vuoi un po’ per il cocktail ormonale del travaglio e un po’ per la bomba oppiacea! Ti annuso, ti accarezzo, ti bacio, ti osservo, insieme danziamo. Insieme iniziamo questo viaggio ballando fianco a fianco.

BENVENUTA PICCOLA!!!
Delle volte niente va come vorresti, ma forse è proprio questo che ti insegna a stare con quello che c’è e magari viverlo al meglio!